Progettazione alternative – Il Raumplan di Adolf Loos
Mentre tutti gli architetti del mondo progettavano in pianta le loro strutture e sembrava che il dettaglio fosse più importante dell’insieme, la logica infallibile di Adolf Loos partoriva il Raumplan.
Letteralmente piano dello spazio.
Loos sosteneva che lo spazio, specialmente quello intimo ed esclusivo dell’abitare, dovesse essere concepito in 3 dimensioni.
Un modo ineccepibile di progettare, evitando che l’altezza dell’ambiente in cui era posizionato il cesso fosse identica a quello dedicato agli ospiti. Un po’ per riguardo, un po’ per rispetto della gerarchia e dell’importanza e un po’, forse per economia.
Anche se a Loos fare economia non interessava più di tanto. Anzi, al contrario, amava ed esaltava ogni materiale. Da ogni caratteristica traeva ispirazione. Amava i materiali che non sapevano mentire e che venivano usati al massimo delle loro potenzialità.
Avete presente le calze color carne? Con questo esempio Loos motiva il fatto che facciano un brutto effetto. Simulano la pelle, ma in realtà non lo sono. Ecco spiegato perché sono inguardabili.
Loos, l’antifunzionalista
Per quanto sia stato più e più volte associato ai funzionalisti moderni, Loos ha poco a che fare con questi. A partire dalla divisione rigorosa tra esterno e interno, tra pubblico e privato. Su cui ritorneremo.
Le dicotomie sono un must del pensiero del buon Adolf che spesso vede tutto bianco o nero, sostenendo le sue posizioni con razionalità stringente.
Non ha paura di essere giudicato, anche se accusa il colpo quando viene rifiutato.
Risponde con critiche sempre più aspre e una linea di pensiero sempre più razionale. Si paragona a Beethoven, sordo e solo. Non si sentiva compreso, nonostante la logica inappuntabile.
Non teme di essere giudicato non moderno, e forse proprio per questo viene preso come riferimento dalla generazione successiva di architetti, i sopracitati esponenti del movimento moderno.
C’è chi ha confuso il mutismo delle facciate delle sue architetture con il bagliore accecante delle superfici funzionaliste.
Ma è nichilismo, nient’altro.
Dietro questo concetto in realtà si nasconde una posizione diametralmente opposta ai fondatori del Bauhaus.
Empatia e Raumplan. Umanità in 3d
Il Raumplan è teso ad esaltare l’interno delle abitazioni, a creare uno spazio che sia in mutua influenza con il suo proprietario e non l’esaltazione del suo creatore.
Il genio di Adolf Loos era totalmente votato alla creazione di una casa che fosse a immagine e somiglianza di chi la abitava, creando un rapporto empatico di reciprocità, modificandosi in simbiosi con il passare delle naturali fasi della vita.
Loos progettava abitazioni in 3 dimensioni perché è l’essere umano stesso ad esserlo. Il concepimento di uno spazio simile non poteva che avvenire in questo modo.
E in questo si, c’è grande modernità. Aveva deciso che la ricerca dello stile fosse una gran perdita di tempo, oltre che un’idiozia.
Si era dedicato al complesso incastro tra gli spazi dell’abitare che posti a diverse altezze, avrebbero dato risultati inattesi e inediti.
Dall’esterno quasi nulla è percepibile. Rifacendosi forse alla Raumgestaltung e a ciò che aveva visto in America in gioventù, aveva scartato l’estetica neoromanica (i neo-qualcosa gli facevano un po’ schifo) e aveva mantenuto la concezione dello spazio intimo.
L’alcova, il rifugio.
A mezza altezza di un palazzo tutto d’un pezzo potevi trovarne una e rannicchiarti a leggere un libro.
Loos, l’uomo moderno
Loos accoglie di buon grado tutto ciò che riguarda la modernità. I materiali specialmente.
Ferro, vetro e calcestruzzo.
Ma anche tutto ciò che è tradizione.
Affonda bene i piedi nella terra dove sono nascoste le radici del luogo in cui costruisce. Si lega alla storia, come più avanti sosterrà il nostro E. N. Rogers con l’esempio degli alpinisti in cordata.
L’atto creativo non può essere gratuito. Né in effetti, troppo creativo.
Con il Raumplan Loos, combatteva la perdita dello spazio individuale a fronte del fagocitare inarrestabile della metropoli. Nonostante la accetti completamente, sente il bisogno di creare uno spazio caldo e accogliente, privato, che appartiene solo all’individuo che lo abita.
La soluzione di Loos è adeguarsi ai tempi che corrono. Inserirsi nel tessuto urbano, senza farsi notare, integrandosi, ma conservando all’interno di ogni frammento la ricchezza emotiva che solo la casa può contenere.
Dietro i muri alti e silenziosi delle sue abitazioni, difendeva lo scorrere della vita delle persone, tenendo segreto ciò che accadeva all’interno. L’esterno è nudo e razionale, appartiene alla metropoli e per Loos non deve mostrare qualità. È muto.
È l’architettura dell’intimismo. Protezione dal pregiudizio.
A morte la Glasarchitektur!
Attraverso forme e materiali, l’interno racconta l’individuo, la sua esperienza, la sequenza di spazi ed eventi. Memoria.
La forma dello spazio, il Raumplan, riproduce questa sequenza, si predispone come contenitore e risponde all’empatia dell’essere umano, con l’empatia. Calcola le sue reazioni emotive ai rapporti dimensionali e alle relazioni tra gli elementi architettonici che crea con il gioco di incastri e di altezze, e risponde con calore e comfort.
Ma non quello dei fantomatici uomini del movimento moderno, fatti di standard, altezze, numeri e calcoli matematici. Del tutto impersonale.
Risponde con il sentimento, l’appartenenza, l’emozione.
Il possesso.
Comments (1)
Polly
10 Luglio 2018 at 22:12
!!!